
Descrizione
Come è stato in genere per le antiche abbazie, anche Praglia ha lasciato la propria impronta sul territorio circostante, contribuendo in modo significativo alla costruzione del paesaggio agrario dei colli Euganei soprattutto con la diffusione della cultura della vite e dell’ulivo. La memoria di un interesse peculiare dei monaci di Praglia per vigne e vini, è custodita in documenti antichi di quasi mille anni, e ancora oggi radice di un prodotto di qualità, che al contrario racconta una storia di vita. Nella nostra cantina si respira questa storia in cui l’antica arte del fare bene le cose s’incontra con esigenze tecniche nuove nella ricerca costante di risultati di valore. Il cammino di vinificazione pragliese riprende il 22 agosto 2011. Un’antica cantina, una tecnologia d’avanguardia ed il massimo rispetto per l’ambiente sono le basi per una conduzione vitivinicola saggia nel XXI secolo. Situata nel contesto del parco floro-faunistico dei colli Euganei, territorio di origine vulcanica, l’abbazia, pur vedendosi drasticamente ridotto l’antico patrimonio fondiario con le due soppressioni ottocentesche, si circonda ancora oggi di circa 40 ettari tra collina e pianura, boschi e coltivo. La vite ne occupa 10, tutti entro le antiche mura di cinta o adiacenti ad esse. Nel 2005 i primi reimpianti, in cui si è privilegiata la scelta di tradizionali e storici vitigni del luogo, quali Garganega, moscato giallo, merlot, raboso o friularo. Tutte varietà DOC (di origine controllata) con un sesto d’impianto di 4500 viti per ettaro allevate a cordone speronato e guyot. Attente operazioni agronomiche manuali limitano notevolmente la produzione, nell’intento di assicurare un naturale equilibrio alla pianta e per ottenere uve d’eccellenza. La consapevolezza di quanto una buona pratica agricola possa rispettare l’ambiente per il benessere di tutti porta ad evitare il più possibile l’uso di prodotti chimici, ancorando saldamente il progetto vitivinicolo di oggi ad una saggezza che viene da lontano. In tempo di vendemmia, il frutto dell’intenso e non facile lavoro in campagna giunge finalmente alla cantina del monastero, dove gli strumenti della più recente tecnologia enologica si integrano con la bellezza austera di quattrocenteschi spazi voltati ed eleganti colonne. È tra queste mura che la cura attenta e paziente di mani esperte cerca di ottenere ancor oggi quel “bonum vinum purum” di cui spesso parlano le antiche carte pragliesi. Una vinificazione di alta qualità, che utilizza la climatizzazione dei vasi vinari anche al fine di evitare gli abituali coadiuvanti chimici, in una giusta libertà dalle mode del mercato per poter offrire il meglio di ciò che il territorio e la stagione consentono.
Storia
L’abbazia di Praglia sorse tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII, alle pendici settentrionali dei Colli Euganei, lungo l’antica strada Montanara che da Padova conduceva ad Este. Il nome deriva dal toponimo Pratàlia o Pratàlea (località tenuta a prati) con cui è abitualmente menzionata nei documenti medievali. Si trattò di una fondazione patrocinata dalla potente famiglia vicentina dei conti Maltraversi di Montebello. La comunità di Praglia fu affidata da papa Callisto II al monastero di San Benedetto di Polirone, eminente centro di osservanza cluniacense nei pressi di Mantova. Solo con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, radicatasi più stabilmente nel territorio padovano, si rese del tutto autonoma eleggendo un Abate scelto tra le file dei propri monaci. Con l’adesione alla riforma, nel 1448, Praglia recuperò la propria vocazione; crebbe sensibilmente il numero dei monaci e nuovo impulso fu dato alla cura pastorale delle parrocchie di Tramonte, Tencarola e Carbonara. Il rinnovamento interessò anche l’edificio diventato ormai inadeguato, e nel 1460 prese così avvio l’importante progetto di ristrutturazione e ampliamento che comportò la demolizione del complesso medievale, di cui oggi rimane soltanto la torre campanaria. Con il completamento della nuova chiesa (1548) può dirsi conclusa la trasformazione architettonica durata circa un secolo. La realizzazione del decoro pittorico consono alla nuova dimora prosegui per tutto il Cinquecento e vide valenti artisti impegnati nel tradurre in immagini le scelte iconografiche di una committenza colta e raffinata. L’Abbazia visse un periodo fiorente nei secoli successivi, fino alla soppressione napoleonica del 1810. Nel 1834, grazie all’appoggio del governo austriaco, i monaci rientrarono al monastero. La ripresa della vita benedettina a Praglia ebbe però breve durata poiché il 4 giugno 1867 venne varata in Veneto la legge che sopprimeva nuovamente tutte le corporazioni religiose. La comunità fu così sciolta una seconda volta. La maggior parte di essa trovò rifugio nel monastero di Daila (Istria), allora in territorio austriaco e a Praglia rimasero solo due o tre monaci, come custodi del monastero. Il 26 aprile 1904 i primi due monaci fecero ritorno al monastero e il 23 ottobre seguente la vita dell’Abbazia poté riprendere regolarmente, continuando fino ai nostri giorni.